LA squalifica di Carnevale e Peruzzi

«UNA SENTENZA POLITICA»

«Una sentenza politica e sproporzionata» con queste parole l'avvocato Sergio Campana, presidente dell'Associazione Italiana Allenatori, ha definito il giudizio espresso dalla Commissione Disciplinare della Lega sul caso-doping, che vedeva coinvolti Andreva Carnevale, Angelo Peruzzi e, per responsabilità «indiretta», l'A.S. Roma.
Un anno di squalifica ai calciatori e 150 milioni di ammenda alla società: più che una punizione, un'autentica esecuzione. Crediamo sia opportuno rubare ancora qualche parola al presidente dell'Aic. «I giudici non sono purtroppo rimasti insensibili all'atmosfera esasperata e artificiosa che si è venuta a creare attorno alla vicenda. Sono del parere che chi viola le leggi, specialmente in materia di doping, debba essere punito, ma in modo giusto. Nel caso specifico l'impressione è che si tratti di una sentenza politica e quindi non proporzionata alle effettive colpe dei due calciatori».
Ci sarebbe ben poco da aggiungere a quanto detto dall'avvocato Campana. Sposiamo per intero la sua tesi, visto che la sentenza della Commissione Disciplinare della Lega ha colto di sorpresa perfino i più prevenuti tra i critici. Forse, come qualcuno ha ipotizzato, era già tutto scritto. Se la Roma avesse deciso di disertare il processo (?) presso la sede milanese della Lega, vietando la partecipazione ai suoi due tesserati implicati nella vicenda, avrebbe ricevuto uguale condanna. Né sarebbe stata diversa l'entità della squalifica nei confronti di Carnevale e Peruzzi.
Nel corso di «Domenica In», all'indomani del verdetto, Paolo Valenti (cioè uno dei pochi giornalisti veramente al di sopra di ogni sospetto) ha così commentato: «Tutti siamo convinti che in alcuni casi bisogna essere severi, ma attenzione a non trasformarsi in tanti Robespierre». D'Alessio, Lena e Brignano, i tre giudici della Commissione Disciplinare, hanno emesso un dispositivo di sentenza che qualcuno ha definito «spocchioso, gratuito e infantile» in alcuni suoi passi. Si è arrivati perfino a regalare tre punti esclamativi consecutivi, come nei copioni dell'avanspettacolo di tanti anni fa. Una pessima esibizione nella «misura».
Purtroppo, a forza di soffiare sul fuoco della «punizione esemplare» si è arrivati all'eccesso, all'«ingiustizia esemplare». Non osiamo pensare a cosa sarebbero andati incontro Andrea Carnevale ed Angelo Peruzzi se anziché una pillola (pardon: una capsula gelatinosa...) «dimagrante» avessero ingerito una sostanza effettivamente dopante.
Giorgio Tosatti, altro raro caso di professionista-modello, ha stigmatizzato la sentenza della Lega ricordando il precedente di Ben Johnson, il velocista canadese squalificato per due anni dopo la vittoria sui 100 metri alle Olimpiadi di Seul.
Caso ben più clamoroso di quello con protagonisti Carnevale e Peruzzi, per via della sostanza «che da anni» lo sprinter di colore assumeva.
La sua condanna da parte del Cio fu definita «esemplare». Tale non può certo dirsi per quella emessa da D'Alessio e compagni a Milano.
E' opportuno fare punto e restare in fiduciosa attesa per il secondo giudizio, affidato alla Commissione d'Appello Federale. Non vale nemmeno la pena commentare i retroscena raccontati dai presunti bene informati circa la soddisfazione del presidente federale, del suo straordinario commissario e di quanti, in via Allegri, avrebbero brindato (!) alla sentenza. La nostra rivista va in stampa prima che sia reso noto il verdetto di secondo grado. Ne parleremo nel prossimo numero.
La speranza è che ad una ingiustizia non se ne aggiunga un'altra. Ne va della credibilità del calcio, di quel Palazzo che continua a far pulizia all'esterno e non all'interno, come sarebbe invece indispensabile. .

Tratto da La Roma ottobre 1990

 

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